di Claudia Valsania
Joseph Conrad, ufficiale di coperta e capitano oltre che scrittore, ebbe in mare una certa familiarità con i cosiddetti «Avvisi ai naviganti», i messaggi indirizzati ai marinai che, allora in forma scritta e oggi via radio, trasmettono le informazioni relative alle condizioni della navigazione.
Su queste brevi prose, e sul loro rapporto con il linguaggio, l’autore scrive:
In questi componimenti che vengono letti con la massima avidità con cui sia mai stata letta carta stampata, […] tutto ciò che orna e nobilita la vita, tranne la Responsabilità, è bandito. [...] Rivolto a un pubblico speciale […] e preciso, senza legami con la cultura intellettuale dell’umanità, eppure di una certa importanza per una civiltà fondata sulla tutela della vita, la prosa degli avvisi ai naviganti ha unicamente un ideale da raggiungere e da osservare: ed è l’ideale della perfetta esattezza.
L’esattezza, per come Conrad pare intenderla, si situa in questo caso nel campo della precisione del linguaggio, ossia della scelta e dell’uso delle parole. La chiarezza e la concisione sono le qualità necessarie al linguaggio perché si attenga senza deviazioni all’oggetto della sua comunicazione prescindendo da «ogni suggerimento di Avventura, di Romanzo, di Contemplazione». La prosa degli Avvisi ai naviganti cerca la parola che dica la cosa per quello che è e non altro, avendo come proprio fine una resa della realtà precisa, accurata, definita che sia capace di esprimere esattamente e chiaramente ciò che detta il suo compito. Ed è proprio la responsabilità della sua funzione a rendere il testo naturalmente estraneo a ogni minima suggestione immaginifica, che nel caso in questione si rivelerebbe alla prova dei fatti micidiale.
Quanto a me – continua Conrad – che ho scritto un variato assortimento di prosa con una scrupolosità quasi ridicola e un’assurda serietà, non mi vergogno a confessare che se mi dicessero di scrivere un Avviso ai naviganti, forse non pregherei – perché ho delle convinzioni mie sull’abuso della preghiera – ma certamente digiunerei, digiunerei la sera e mi alzerei per scrivere il mio avviso ai naviganti alle quattro di mattina per paura di incidenti. Del resto si fa così presto a scrivere una lettera per un’altra, con risultati fatali.
Gli Avvisi ai naviganti, come sottolineerà nel seguito del saggio Conrad stesso, non sono letteratura. Sono «buona prosa», prosa tecnica per la precisione. Eppure questi testi, con l’attenzione esclusiva alla realizzazione di un fine che li caratterizza, con la loro serietà nel perseguirlo, possono insegnare qualcosa alla letteratura, forse alla vita. È ancora uno scritto di prosa tecnica che in Cuore di tenebra Marlow trova risalendo il fiume Congo, il titolo è Questione di tecnica di navigazione:
Dentro, il suddetto Towser, Towson – o qualcosa di simile – disquisiva scrupolosamente sul carico di rottura delle catene della nave e del paranco, e su altre questioni del genere. Una lettura non proprio entusiasmante; eppure si coglieva a prima vista un’unicità di propositi, una preoccupazione autentica di affrontare correttamente un lavoro, che donava a queste umili pagine, pensate tanti anni prima, una luce non meramente professionale. Il semplice vecchio uomo di mare, parlando di catene e di paranchi, mi fece dimenticare la giungla e i pellegrini dandomi la splendida sensazione di trovarmi a contatto con qualcosa di inconfondibilmente vero.
C’è un valore etico imprescindibile, per Conrad, nella ricerca dell’esattezza, legata come appare all’impegno e alla responsabilità. È la cosiddetta etica del «lavoro ben fatto», che sarà poi anche al centro dell’opera di un altro scrittore come Conrad diviso tra il fare pratico, scientifico in quel caso, e il fare letterario: «essendo un chimico per l’occhio del mondo, e sentendomi invece sangue di scrittore nelle vene, mi pareva di avere in corpo due anime, che sono troppe», scrive Primo Levi. In un periodo in cui, tra gli anni Sessanta e Settanta, il lavoro era diventato un simbolo di oppressione e sfruttamento, e la narrativa del tempo lo stigmatizzava come tale, l’opera di Levi riabilita e in qualche modo riscatta la sua funzione nella convinzione «che l’uomo normale è biologicamente costruito per un’attività diretta a un fine, e che l’ozio, o il lavoro senza scopo […], provoca sofferenza e atrofia». Potendo intendersi per lavoro senza scopo il lavoro del Lager, «l’Arbeit di Auschwitz», come viene detto, ma anche il lavoro alienante bersaglio della lotta operaia e studentesca di quegli anni, alla quale lo scrittore risponde non con un rifiuto ma una ridefinizione.
Ma ad Auschwitz – continua Primo Levi – ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del «lavoro ben fatto» è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità professionale.
Ed è questo forse solo un altro di quei gesti «praticamente inutili» nel Lager, ma «invece importantissimi come sintomo di residua vitalità, e necessari come strumento di sopravvivenza morale».
Il gesto attento, sapiente, esatto, si tratti di realizzazione materiale o scritta. Etico non è dunque il contenuto dell’opera in sé, qualunque sia la sua natura, ma il modo in cui la si realizza. Non quello che la parola dice, ma la precisione della resa di tutte le sfumature che le cose, il pensiero o l’immaginazione hanno. Si può dire che sia solo l’esattezza a penetrare, indipendentemente dall’idea, la zona d’ombra in cui la profondità passa, ed è solo quando esprime il suo sapere senza dirlo che l’etica, non la sua teoria, prende a esistere.
Bibliografia
Conrad, Joseph, Cuore di tenebra, Mondadori, Milano 1999.
Id., Natale sul mare e altri scritti, Elliot, Roma 2015.
Del Giudice, Daniele, Del narrare, Einaudi, Torino 2023.
Levi, Primo, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 2014.
Id., Il sistema periodico, Einaudi, Torino 2017.
Id., La chiave a stella, Einaudi, Torino 2012.
Id., Se questo è un uomo; La tregua, Einaudi, Torino 1989.
Comments